Medicina

Viaggio allucinante nell’epatite B: scoperti nuovi meccanismi del virus

Viaggio allucinante nell'epatite B: scoperti nuovi meccanismiPasso decisivo nella comprensione dei meccanismi dell’epatite B. Lo hanno fatto alcuni ricercatori del San Raffaele di Milano, che grazie a una tecnologia innovativa sono riusciti per la prima volta a monitorare dall’interno live i linfociti circolanti osservando come si insinuino nei capillari del fegato. In questo modo è possibile riconoscere e distruggere le cellule infettate dal virus dell’epatite B.

La scoperta è di Luca G. Guidotti e Matteo Iannacone all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

L’innovativa tecnica si basa sulla microscopia in vivo, chiamata “microscopia intravitale”, grazie alla quale è stato possibile vedere e monitorare le varie fasi della malattia epatica, comprendendone nei dettagli l’evoluzione. Sono stati impiegati murini e microscopi ad altissima risoluzione. I risultati dello studio sono pubblicati sulla rivista scientifica Cell, a conferma dell’importanza della scoperta.

Guidotti e Iannacone spiegano che «La capacità di osservare direttamente ciò che succede in vivo (come se stessimo guardando immagini tratte da Viaggio Allucinante, film fantascientifico del 1966 tratto da un libro di Asimov) è un cambio di paradigma molto rilevante per la ricerca biomedica, perché ci permette di studiare direttamente le patologie nel loro divenire invece di ricostruirle a posteriori. È un po’ come se un meccanico miniaturizzato fosse dentro il motore di una macchina per vedere esattamente dove si trova il guasto».

La nuova tecnica ha permesso di capire che il sistema immunitario reagisce all’attacco del virus dell’epatite B combattendo l’infezione. Ciò però provoca danni al fegato. Sembra che il virus non attacchi direttamente il fegato e le sue cellule, sfruttandole anzi per riprodursi.

A danneggiare il fegato sono invece i linfociti citotossici, globuli bianchi presenti nel sangue, che sono presenti con il ruolo di guardiani nei vasi dei tessuti, con lo scopo di individuare cellule “malate” da distruggere, infettate da virus o tumorali. Una sorta di “attacco difensivo” che provoca poi i danni tipici della malattia, come per esempio l’ittero.

La scoperta è rivoluzionaria se si pensa che ribalta ciò che finora si credeva, vale a dire che per svolgere la loro attività i linfociti citotossici dovessero eseguire tre esercizi diversi in rapida successione.

Invece poter osservare questi fenomeni dal vivo, in tempo reale mentre avvenivano, dall’interno, ha mostrato chiaramente come le piastrine siano in grado di informare i linfociti che qualcosa non va. In questo modo si crea una specie di trappola per i linfociti in grado di fermare la loro corsa nel sangue. Questi quando si fermano sul tappeto piastrinico, si staccano e si dirigono verso i capillari, penetrando, come dei veri e propri salmoni, anche in senso contrario al flusso sanguigno. La permanenza all’interno del vaso permette ai linfociti di continuare a svolgere la loro funzione difensiva.

Nel caso di infezioni acute i molti linfociti citotossici distruggono quasi completamente il virus lasciando dietro di se però danni al fegato anche gravi.

Una situazione che vede i linfociti citotossici incapaci di debellare il virus mantenendo però una malattia epatica leggera ma continua. Cosa che a lungo termine determina malattie come cirrosi epatica e cancro del fegato.

Avviene infatti che i linfociti citotossici che scorrono all’interno dei capillari epatici sono incapaci di penetrare con i loro tentacoli nelle fenestrature e ciò frustra la loro possibilità di identificare e distruggere le cellule malate oltre la parete dei capillari. Non avviene il riconoscimento da parte dei linfociti citotossici con il risultato che le cellule si riproducono senza interferenze e diventano molto pericolose. Con questa nuova tecnica di microscopia intravitale si aprono nuove strade per lo sviluppo di terapie contro l’epatite B sempre più efficaci.