
Perché è utile variare le fonti proteiche in base al colore
Non tutte le proteine sono uguali, e anche il loro colore naturale può offrire indicazioni utili sulla qualità nutrizionale e sui fitonutrienti associati. Alternare proteine “bianche”, “rosse”, “verdi” o “neutre” aiuta a garantire un apporto più completo di aminoacidi, vitamine, sali minerali e antiossidanti, evitando squilibri e accumuli dannosi. Le proteine bianche come pollo, tacchino, uova e pesce magro sono leggere, facilmente digeribili e ottime per la salute cardiovascolare. Quelle rosse, come manzo o agnello, sono più ricche di ferro e vitamina B12, ma andrebbero consumate con moderazione per il maggiore contenuto di grassi saturi e colesterolo.
Accanto alle fonti animali esistono le proteine vegetali, spesso associate a colori verdi, beige o marroni, come quelle contenute in legumi, semi, soia e frutta secca. Hanno il vantaggio di apportare anche fibre, fitosteroli e antiossidanti, che contribuiscono a regolare la glicemia e a proteggere i tessuti dall’infiammazione.
Come combinarle per ottenere un effetto sinergico
Alternare i colori delle proteine non significa solo cambiare il tipo di carne o di pesce, ma costruire una rotazione settimanale che includa anche fonti vegetali e diverse modalità di cottura. Le proteine rosse possono essere consumate una o due volte a settimana, mentre quelle bianche e vegetali possono comparire più spesso. La combinazione tra legumi e cereali integrali permette di ottenere un profilo aminoacidico completo anche senza proteine animali.
I semi di canapa, di zucca o di chia, così come il tofu e il tempeh, rappresentano ottime alternative vegetali, da integrare con verdure colorate che potenziano l’effetto antiossidante del pasto. Anche il pesce azzurro, più scuro e oleoso, arricchisce la dieta di omega 3 e protegge il cuore. Variare i colori delle proteine significa nutrire il corpo in modo più completo, stimolare il metabolismo e ridurre i fattori di rischio legati a un’alimentazione monotona.