Salute

Il giusto numero di caffè per proteggersi da diabete e ictus

Il caffè è uno di quegli alimenti che dividono: c’è chi lo considera una dipendenza da limitare e chi, al contrario, lo vede come un rituale irrinunciabile. Negli ultimi anni, però, la scienza ha rivalutato il caffè, soprattutto per quanto riguarda i suoi effetti protettivi sul metabolismo e sul sistema cardiovascolare.

Diversi studi hanno dimostrato che un consumo moderato di caffè può ridurre il rischio di sviluppare diabete di tipo 2, grazie alla sua azione sul metabolismo del glucosio e sulla sensibilità all’insulina. Non si parla di effetti miracolosi, ma di una protezione concreta che si costruisce nel tempo, tazzina dopo tazzina.

La stessa cosa vale per l’ictus, soprattutto nelle donne. Il caffè contiene polifenoli, caffeina e altre sostanze bioattive che migliorano la salute dei vasi sanguigni e aiutano a regolare la pressione arteriosa. Ma quanto se ne può bere senza rischiare effetti collaterali?

La soglia che ricorre più spesso nella letteratura scientifica è quella di 3-4 tazze al giorno. Questo sembra essere il punto di equilibrio in cui si ottengono i benefici senza andare incontro agli effetti negativi come insonnia, tachicardia o nervosismo. Naturalmente dipende dalla sensibilità individuale e da altri fattori come l’età, lo stile di vita e lo stato di salute generale.

Anche il tipo di caffè fa la differenza. Il caffè filtrato, ad esempio, contiene meno sostanze che possono influire negativamente sul colesterolo rispetto all’espresso o al caffè bollito. E dolcificarlo il meno possibile è una scelta che potenzia i suoi effetti benefici.

In un’alimentazione equilibrata, il caffè può essere un alleato, non un nemico. L’importante è non abusarne e imparare ad ascoltare il proprio corpo. A volte, la differenza tra un’abitudine dannosa e una salutare sta semplicemente nella quantità.