Tatuaggi e Piercing, rischio epatite e Aids per i giovani
Piercing e tatuaggi sono da sempre considerati potenzialmente pericolosi per la salute, un rischio troppo spesso sottovalutato. Fino a qualche anno fa si trattava di una moda per pochi, per una nicchia, adesso è difficilissimo trovare un giovane (e non solo) che non abbia almeno un tatto. Eppure il 32% degli adolescenti che non ce l’ha ancora se ne vorrebbe fare uno, per imitare i compagni o i modelli proposti dal mondo dello sport e del cinema.
Il 20% invece pensa a un piercing, moda più apprezzata dalle ragazze. Il 20 e il 27%, rispettivamente, è la percentuale dei liceali italiani che ha già provveduto a farsene uno. Il problema, al di là del gusto personale e del parere dei genitori, è che solo il 5% è correttamente informato sulle malattie infettive che si rischia di contrarre con un piercing o un tatuaggio, e questo aumenta considerevolmente il pericolo che non si scelga con cura a chi affidarsi, correndo così il rischio di contrarre malattie infettive. Eppure le malattie trasmissibili con queste pratiche sono gravissime, come epatite e addirittura Aids.
Secondo uno studio pubblicato sulle pagine della rivista Hepatology il virus dell’epatite C si trasmette principalmente mediante il riutilizzo di aghi monouso, materiali non sterilizzati e il riutilizzo di inchiostro contaminato con sangue infetto. In questo senso è evidente come i tatuaggi siano un veicolo non da poco. L’indagine è stata condotta dall’Università “Tor Vergata” di Roma. “Il dato scientificamente più interessante sta nei tempi di sopravvivenza del virus rilevati negli aghi e nell’inchiostro, variabile da pochi giorni nell’ambiente a quasi un mese nell’anestetico” spiega Carla Di Stefano, autrice dell’indagine. “Questo problema è stato più volte messo in evidenza in Italia attraverso i dati della Sorveglianza delle epatiti virali acute – spiega Di Stefano – Recentemente è stato stimato che nel nostro Paese una quota di casi di epatite C acuta superiore al 10% è attribuibile ai trattamenti estetici; inoltre, una volta esclusi i tossicodipendenti dall’analisi, si può stimare che coloro i quali si sottopongono a un tatuaggio hanno un rischio 3,4 volte più alto di contrarre l’epatite C rispetto a chi non ci si sottopone. Analogamente, per quanto riguarda il piercing, il rischio di contrarre l’epatite C è 2,7 volte maggiore rispetto a chi non se lo fa applicare”.
“Il rischio – aggiunge Vincenzo Bruzzese, Presidente Nazionale del Congresso della SIGR (la Società Italiana di GastroReumatologia) – aumenta quando tali procedure vengono eseguite talora da principianti, in strutture con scarse condizioni igieniche e sterilità degli strumenti o con strumenti improvvisati”. Nello studio, sono stati esaminati qualcosa come 2550 studenti del Liceo. L’epatite virale, spiega l’esperta, è un’infiammazione del fegato causata dall’infezione, silente o sintomatica, da parte di alcuni virus tipici del tessuto epatico ma solo alcuni di essi possono stabilirsi nell’organismo in modo persistente, causando danni cronici al fegato. Dai dati dei ricercatori italiani presentati al secondo congresso nazionale Sigr emerge quindi la necessità di un maggiore sforzo per incoraggiare l’utilizzo di materiale monouso e la corretta sterilizzazione degli strumenti, aumentandone il monitoraggio. Ad esempio informare con continuità che il far ricorso a strutture temporanee, come quelle che compaiono durante i mesi estivi nelle località balneari, aumenta il rischio di contagio perché si tratta di situazioni svincolate dai normali controlli, e promuovere interventi di educazione alla salute già nella scuola secondaria di primo grado.