Bellezza

Chirurgia estetica: serve anche agli effetti di terapie oncologiche

Sempre più spesso la medicina estetica “serve” davvero. Non solo interventi per stare meglio con noi stessi, limitati magari a ridurre oppure ad eliminare un difetto fisico. In sempre più centri si effettua la medicina estetica per ridurre gli effetti indesiderati di terapie antitumorali per i pazienti oncologici.


In questo caso, la medicina estetica ha il compito di supportare quella oncologica nella cura di una parte essenziale per il malato oncologico, ossia la cura di ciò che è immagine. La medicina estetica, esula dunque dalla terapia strettamente psicofisica del paziente, ma il suo compito è di straordinaria importanza, in quanto aiuta il malato a non perdere la forza interiore e a guardare avanti con positività e a concentrarsi sulla vita dopo la malattia.

Il malato oncologico più degli altri necessita di interventi di chirurgia estetica, in quanto le terapie antitumorali, come ad esempio la chemioterapia o la radioterapia, portano più di altre ad evidenti trasformazioni fisiche: la perdita dei capelli, alterazioni della cute, cicatrici chirurgiche.

Il chirurgo plastico lavora in questi casi sempre in stretto rapporto con il dermatologo e cerca di agire anche con una medicina preventiva, soprattutto per prevenire e contenere una serie di danni, ma anche fornendo dei consigli utili come ad esempio il trucco, l’abbigliamento e le creme da usare.

“La presa in carico di un paziente oncologico – dichiara il Dr. Paolo Mezzana, specialista in chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica Responsabile Servizio di Dermatologia Oncologica USI Casa di Cura Marco Polo Roma – dovrà essere la più precoce possibile e posta in essere senza limiti di tempo. Va legata ai bisogni della persona e non ai limiti di tempo. Noi chirurghi estetici abbiamo un grande compito, quello di limitare al minimo l’impatto di una cura così invasiva, come quella Chirurgia estetica: serve anche agli effetti di terapie oncologicheoncologica e far in modo che il paziente possa davvero continuare una vita “normale””.