Per dimagrire mangiate pasta e frutta a fine pranzo: i consigli del dott. Jacopo Vitti
Qual è la dieta migliore? Si può mangiare la frutta a fine pasto? A queste e tante altre domande ci risponde in questa interessantissima intervista il dott. Jacopo Vitti, biologo nutrizionista che ha svolto un dottorato nel 2006 e si è impegnato in un progetto di ricerca finalizzato a migliorare la composizione lipidica degli alimenti.
Si è dedicato anche alla nutrizione clinica. Nel 2007 ha conseguito un master in diagnosi e terapia dell’obesità, e nel 2008 una borsa di studio presso il Centro Obesità di endocrinologia dell’Università di Pisa, dove al momento svolge la sua attività di ricerca.
Si dedica principalmente al trattamento dietetico-comportamentale di chi è sovrappeso o obeso e al controllo nutrizionale dei pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica. E’ autore del libro “La mia amica bilancia. Trucchi per perdere peso” .
In un regime dietetico per perdere peso vanno eliminati pane e pasta?
La risposta è Assolutamente No! Al contrario a quanto si pensi, in un corretto regime alimentare i carboidrati complessi quindi pane, pasta e patate devono rappresentare circa 55-60% delle calorie totali giornaliere. Il pane e la pasta non sono un alimento ipercalorico; infatti il pane ha 275 calorie per 100g e la pasta 365 calorie. Gli alimenti da temere sono ben altri…!! Quelli ad alta densità energetica o ipercalorici sono ad esempio i formaggi, gli affettati e i dolci che arrivano ad apportare anche più di 400 calorie per soli 100 g! Inoltre facendo un esempio, pane e pasta in rapporto al loro peso, apportano molto più senso di sazietà rispetto al formaggio stagionato! Quindi sarà molto meglio mangiare 100 g di pane che 100 g di pecorino!
È vero anche che se la pasta viene condita con sughi elaborati cioè con condimenti grassi e quindi molto olio o molto burro, il potere calorico del piatto può raddoppiare velocemente! Per cui, tirando due somme, se 70 g di pasta equivalgono a 250 calorie circa, aggiungendo 2 cucchiai di olio (un cucchiaio di olio ha 100 calorie) si arriva velocemente a 450 calorie e quindi a quasi il doppio! Possiamo concludere quindi che pane e pasta devono essere sempre presenti nelle giuste quantità in un corretto regime alimentare, seppur ipocalorico. Evitiamo però di usare condimenti grassi come burro, panna besciamella e quant’altro e diamo invece il via libera ad aromi come cipolla e aglio nonchè a spezie come peperoncino, origano, curry rosmarino, timo ecc. Nel caso del pane è chiaro che dobbiamo preferirlo alla tanto buona quanto calorica schiacciata/focaccia, perchè contiene grassi e sale!!!
Qual è la dieta migliore? La Dukan, la dieta Zona o la dieta Mediterranea?
La Dukan e la dieta a Zona sono diete iperproteiche che prevedono l’eliminazione di tutti gli alimenti contenenti principalmente carboidrati come pane e pasta e danno il via libera agli alimenti per lo più proteici come carne, uova formaggi affettati e pesce.
Ho detto che la pasta e il pane contengono principalmente carboidrati proprio perché, forse non tutti sanno, che non sono composti solo da carboidrati ma anche da proteine.
Infatti la pasta ne contiene circa un 10 % e il pane circa un 8%
Anche gli alimenti come carne uova formaggi ecc non contengono solo proteine ma anche grassi. Questo per dire che purtroppo, quando si seguono le diete iperproteiche spesso non ci rendiamo conto che sono anche iperlipidiche.
Queste diete possono dare inizialmente un risultato sul calo di peso a discapito però della salute perché una quantità elevata di proteine e grassi saturi comporta un affaticamento dei reni che devono filtrare le proteine e un aumento del colesterolo ematico e di conseguenza un maggior rischio cardiovascolare per l’elevato apporto di grassi e colesterolo alimentare.
Bisogna anche dire che le diete iperproteiche come la Dukan e la Zona, ma ce ne sono altre ad esempio la tisanoreica ecc, quando vengono interrotte (perché diciamolo non si può stare tutta la vita senza pane e pasta) portano a risultati disastrosi perchè si torna a mangiare come prima e si tende a riprendere il peso con gli interessi.
È quindi la dieta mediterranea la miglior dieta, e non per esclusione in quanto quelle di cui vi ho appena parlato sono sbagliate, ma perché la dieta mediterranea è in maniera unanime considerata la migliore dal mondo scientifico perché si basa principalmente sull’apporto di frutta, verdura, cereali (in particolare quelli integrali) legumi, pesce, olio d’oliva e un basso apporto di carne rossa e formaggi.
Questo tipo di alimentazione comporta un minor rischio cardiovascolare, grazie alla moderata introduzione di colesterolo e grassi, e aiuta a prevenire e curare soprappeso e obesità perché alimenti come frutta, cereali integrali e legumi sono ricchi di fibra, la quale aiuta ad avvertire il senso di sazietà consentendo di assimilare in minor quantità le calorie provenienti da zuccheri e grassi.
I dolcificanti vanno usati o no?
Se una persona in sovrappeso o obesa sta cercando di dimagrire per migliorare il suo stato di salute, e introduce giornalmente più di 5 cucchiaini di zucchero (che corrispondono a 100 calorie), è opportuno ridurre la quantità o introdurre un dolcificante. Eliminando lo zucchero e iniziando a usare un dolcificante senza calorie si risparmierebbero 100 calorie, prendendo come esempio i 5 cucchiaini al giorno. Calcolando che 100 calorie in meno al giorno sono 3.000 al mese, arriviamo a perdere un chilo di grasso, che equivale a 9.000 calorie in tre mesi. In più, lo zucchero ha un altissimo indice glicemico, per cui le sue calorie non solo non forniscono senso di sazietà ma vengono immagazzinate molto velocemente e quindi, se non consumate, si trasformeranno in tessuto adiposo.
I dolcificanti si dividono in naturali e artificiali: questi ultimi come l’aspartame, il ciclammato e la saccarina, sono completamente privi di calorie, ma hanno una dose massima giornaliera da rispettare per non avere effetti collaterali; è inoltre sconsigliato il loro utilizzo fino al terzo anno di età, durante la gravidanza e nell’allattamento. Questa dose massima giornaliera è comunque molto difficile da raggiungere, se pensiamo che ad esempio uno yogurt magro contiene una quantità di aspartame tale che, per superare la dose giornaliera consentita, se ne dovrebbero consumare almeno una cinquantina.
I dolcificanti naturali come il fruttosio, lo xilitolo e il maltitolo, non hanno invece una dose massima consentita ma, al contrario di quelli artificiali, contengono calorie e possono provocare mal di pancia e dissenteria, se consumati in grande quantità. È vero però che alcuni sono migliori del saccarosio perché ad esempio il fruttosio, a parità di calorie ha un potere dolcificante doppio, permettendoci quindi di usarne la metà, e lo xilitolo, grazie alla sua azione antibatterica, combatte la carie.
Vorrei infine citare un nuovo dolcificante da poco in vendita in Italia, la Stevia, un dolcificante naturale che, al contrario degli altri dolcificanti della stessa categoria, è privo di calorie. La sua storia è un po’ complessa, perché deriva da una pianta (la Stevia) originaria del Paraguay e del Brasile dove il suo potere dolcificante era noto fin dall’antichità. In molti Paesi, però, l’autorizzazione al commercio è stata concessa solo di recente per ragioni legislative, molti parlano di complotto per boicottarlo. Le sue caratteristiche sbaragliano la concorrenza degli altri dolcificanti, perché è naturale, è privo di calorie, è utilizzabile anche ad alte temperature e non possiede il retrogusto amaro/metallico tipico di alcuni dolcificanti artificiali.
La frutta a fine pasto si può mangiare?
Assolutamente sì. Infatti, la frutta contiene sì del fruttosio, che è uno zucchero semplice, ma anche molta acqua e fibra; di conseguenza, offre un grande senso di sazietà per le calorie che apporta.
Si sappia che nella classifica degli alimenti ipocalorici (alimenti contenenti poche calorie) la frutta viene subito al secondo posto dopo la verdura: un frutto di 150 grammi apporta in media solo 60 kcal.
Quindi, se a fine pasto si è già estremamente sazi, è inutile mangiare un frutto forzatamente, ma se il frutto viene in aiuto per raggiungere il senso di sazietà – e dovrebbe essere così -, allora ben venga la frutta a fine pasto al posto di un’altro alimento con più calorie.
Per chi dice che si sente “gonfio” dopo aver mangiato un frutto a fine pasto, ricordo che una pera di 150 grammi apporta solo 60 calorie, che è l’equivalente di 10 grammi di cioccolata (cioè un piccolo cioccolatino); quindi è logico che se una persona è già vicina al senso di sazietà, con un frutto si sentirà molto sazia o “gonfia”, grazie proprio al grande apporto in acqua e fibra del frutto che aiuta appunto il senso di sazietà. Al contrario, la stessa persona si sentirà molto più “leggera” con 2 o 3 cioccolatini, con il problema però che apporterà il doppio o il triplo delle calorie del frutto.
La frutta è anche un’importante fonte di sali minerali, antiossidanti e vitamine. La vitamina C, ad esempio, è importante perché aumenta la biodisponibilità del ferro (cioè ci permette di assimilare meglio il ferro contenuto negli alimenti). Quindi se ad esempio consumiamo un arancio o delle fragole o un kiwi dopo che abbiamo mangiato la carne o il pesce, riusciremo – ripeto, grazie alla vitamina C – ad assimilare meglio il ferro contenuto in questi alimenti. Se invece lo stesso frutto viene consumato lontano dal pasto, ad esempio dopo 3 ore che si è mangiato carne o pesce, la vitamina C non svolgerà questa utile funzione, perché tale reazione avviene a livello gastrico. Infine, il frutto a fine pasto, grazie alla fibra in esso contenuta, aiuta ad abbassare l’indice glicemico. A questo punto, consapevoli di tutte ciò, a voi la scelta!
Cos’è l’indice glicemico?
Quando mangiamo un alimento ricco di carboidrati, la glicemia (quantità di zucchero nel sangue) si alza. L’indice glicemico indica la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all’assunzione di un determinato alimento a parità di carboidrati.
Gli alimenti con alto indice glicemico comportano un innalzamento repentino della glicemia la quale causa un aumento rapido dell’insulina (ormone che abbassa la glicemia), che a sua volta provoca una precoce ipoglicemia.
Questo, oltre a causare una fame precoce, provoca un rapido immagazzinamento delle calorie non utilizzate, e quindi in eccesso, nel nostro tessuto di riserva, cioè il grasso.
Ad esempio, se una persona assume una bevanda zuccherata mentre sta correndo, probabilmente quelle calorie verranno tutte usate immediatamente, ma se al contrario sta seduto davanti ad un computer o alla televisione queste calorie si trasformeranno in grasso. Infatti, la bevanda zuccherata è un alimento ad alto indice glicemico, perché è uno zucchero semplice in un liquido, che verrà assimilato molto velocemente: un bicchiere da appena 150 ml contiene circa 60 kcal, calorie che entrano molto velocemente nel nostro organismo e, se non opportunamente bruciate, vengono appunto trasformate in tessuto adiposo.
Al contrario, un alimento con un basso indice glicemico come ad esempio la pera (una pera media di 150 g corrisponde a circa 60 kcal) fornisce più lentamente calorie all’organismo e avremo più probabilità di utilizzare queste calorie attraverso le normali attività quotidiane, percependo inoltre un senso di sazietà maggiore rispetto alle stesse calorie (60 kcal) di un bicchiere di bibita dolce.
Conoscere l’indice glicemico è importante per scegliere in modo corretto gli alimenti, anche se è molto difficile fare calcoli precisi perché l’indice glicemico:
– è misurato sul singolo alimento, ma se accompagnato da altri cibi contenenti fibre, proteine e grassi, si abbassa in maniera significativa;
– varia a seconda della maturazione del frutto: più è maturo più sarà elevato;
– varia a seconda degli orari dei pasti: lo stesso alimento consumato dopo un lungo digiuno avrà un indice glicemico più alto;
– varia infine in base alla cottura, perché una pasta più al dente ha indice glicemico più basso rispetto a una ben cotta.
In conclusione, l’indice glicemico è importante, ma non bisogna lasciarci ossessionare dai cibi con un indice alto o medio, se questi vengono consumati in un contesto di una corretta alimentazione.
Da cosa dipende il metabolismo basale? Come facciamo ad aumentarlo?
Il metabolismo basale, o consumo energetico a riposo, è molto importante per la spesa energetica perché costituisce il 60-75% della spesa energetica totale quindi più è elevato più possiamo permetterci di mangiare senza aumentare di peso!
Vediamo da cosa dipende:
– dalla quantità di massa magra: cioè dal muscolo, perchè al contrario del grasso il muscolo consuma calorie anche a riposo.
– dal genere, e ahimè per le donne i maschi hanno geneticamente un metabolismo più elevato per varie ragioni.
– dall’età: per cui un ragazzo di 18 anni ha un metabolismo basale molto più attivo rispetto ad un uomo di 50 anni e di conseguenza con il passare degli anni occorre fare sempre più attenzione alla quantità di calorie che si introducono!
– da altri fattori come ad esempio le influenze ormonali, i fattori genetici e quelli ambientali come latitudine e temperatura atmosferica.
Se quindi una persona vuole aumentare il proprio metabolismo, naturalmente non potrà togliersi qualche anno di età nè potrà cambiare sesso o assumere ormoni.
Quello che dovrà fare sarà incrementare la massa magra (muscolo) praticando più attività fisica possibile, cosa che purtroppo ai giorni nostri è limitata sia per i lavori sedentari sia per lo svariato tempo che passiamo davanti al PC o alla tv.
Un esempio che ci fa capire l’importanza dell’attività fisica costante e del metabolismo attivo, è la dichiarazione del pluricampione di nuoto Michael Phelps di introdurre 12.000 calorie al giorno!!! L’attività fisica quindi non solo ci farà consumare calorie nell’immediato ma cosa altrettanto importante, aumenterà la massa magra, la quale a sua volta aumenterà il metabolismo basale permettendoci di consumare costantemente più calorie!! persino quando si è fermi e durante il sonno!
Il sale fa ingrassare? Quanto ne andrebbe usato?
Il sale non contiene calorie e di conseguenza non può farci ingrassare (aumentare la massa grassa). Un suo consumo eccessivo però può far aumentare il peso corporeo causando ritenzione idrica e può favorire l’insorgenza dell’ipertensione arteriosa, soprattutto nelle persone predisposte.
In Italia si consumano in media circa 10 grammi di sale al giorno, equivalenti a 4 grammi di sodio perché un grammo di sale comune (cloruro di sodio) ne contiene circa 0,4 grammi. Purtroppo, la quantità consigliata è di gran lunga inferiore: bisognerebbe rimanere al di sotto di 6 grammi di sale al giorno, che corrispondono a 2,4 grammi di sodio.
Ridurre la quantità di sale non è una missione impossibile: infatti, se viene seguita la Dieta Mediterranea, alcuni cibi con un elevato contenuto di sale come ad esempio formaggi e affettati, sono presenti con una frequenza ridotta nella dieta. Occorre dire però che l’apporto di sale giornaliero derivante dagli alimenti allo stato naturale è solo il 10%. Mentre la quantità di sale aggiunto in cucina o a tavola incide per il 36% sull’apporto di sodio giornaliero, e sarà quindi importante riuscire a dosarne correttamente la quantità. In questo caso, visto che il palato si adatta facilmente, una graduale riduzione non sarà una gran sofferenza e anzi, se qualche settimana dopo andremo a riassaggiare i cibi conditi come in precedenza, con ogni probabilità ci sembreranno troppo salati. Il rimedio sarà allora quello di utilizzare, per dare sapore alle pietanze, le spezie: il peperoncino, lo zafferano, il curry e il pepe. Oppure erbe aromatiche: l’aglio, la cipolla, l’origano, i semi di finocchio, il rosmarino e la salvia, che hanno anche il vantaggio di essere praticamente prive di calorie.
Il restante 54% corrisponde alla principale fonte di sale nella nostra alimentazione e deriva dai prodotti da forno trasformati come: biscotti, crackers, pane, focaccia, grissini, merendine e cornetti. Infatti, anche se insaccati e formaggi contengono una maggiore quantità di sale, il loro consumo è sporadico rispetto ai prodotti da forno presenti ogni giorno nella nostra alimentazione. In questo caso è quindi opportuno, per limitare la quantità di sodio, scegliere quei prodotti con un minore contenuto di sodio per limitarne l’apporto.
È invece del tutto inutile prestare attenzione alla quantità di sodio contenuto nell’acqua minerale, perché mediamente è inferiore ai 10 milligrammi per litro, mentre le “famose” acque minerali contenenti pochissimo sodio ne arrivano a contenere 2 per litro, con un risparmio di solo 8 milligrammi per litro. Dato che solo 50 grammi di prosciutto crudo dolce contengono invece 1300 milligrammi di sodio, è chiaro che non otteniamo nessun beneficio se con un tipo d’acqua possiamo risparmiare 8 o al massimo 16 milligrammi di sodio al giorno.
Bisogna prestare attenzione invece a tutti quegli alimenti con elevato contenuto di sodio e non all’acqua, che ne contiene poco. È come se volessimo dimagrire stando attenti a mangiare un particolare tipo di verdura che contiene solo 9 calorie per 100 grammi come i finocchi, al posto delle zucchine che ne contengono 11, risparmiando quindi solo 2 calorie, e poi però non prestassimo attenzione alla quantità di formaggi stagionati o affettati come il salame, che possono apportare anche più di 400 calorie per 100 grammi. Ridicolo, non vi pare?
Fare sesso fa dimagrire?
Uno studio pubblicato a gennaio 2013 nella prestigiosa rivista americana di medicina, The New England Journal of Medicine affronta in modo scientifico questo argomento. Lo studio, intitolato “Miti, supposizioni e fatti sull’obesità”, stima che le calorie bruciate da un uomo di 70 chilogrammi durante il rapporto sessuale sono approssimativamente 3,5 per minuto, quindi 210 calorie in un’ora, cioè come una passeggiata a velocità moderata pari a 4 km/h.
Lo studio ha però una conclusione simpatica e inattesa: “dato che la durata media di un rapporto sessuale è circa 6 minuti, un uomo brucia approssimativamente 21 calorie”. E poi “dato che stando seduti davanti alla televisione si consumano, sempre nei 6 minuti, circa 7 calorie la differenza che si ottiene per quanto riguarda le calorie bruciate in più è solo 14”.
Da questa spiegazione avrete capito che la risposta alla domanda se l’energia spesa durante i rapporti sessuali è significativa ai fini della perdita di peso, è purtroppo “no”. A meno che non si prolunghi la durata dell’amplesso oltre la media, arrivando a circa un’ora.