Scienza

L’impatto economico dell’inattività fisica in Europa

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In Italia il 33% degli adulti non raggiunge i livelli di attività fisica quotidiana raccomandati dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).

Gli attuali livelli di inattività fisica gravano pesantemente sul sistema sanitario e si traducono in costi economici annuali di oltre 12,1 miliardi di euro, equivalenti all’8,9% della spesa sanitaria italiana, per un impatto complessivo sull’economia che comprende costi sanitari diretti annuali pari a 1,6 miliardi di euro ecosti indiretti pari a 7,8 miliardi di euro (facendo riferimento al valore economico stimato di vita sana persa per malattia e mortalità prematura), cui si aggiungono altri costi legati ai disturbi mentali (depressione e ansia), conseguenza dell’inattività fisica.

Dati ancora più preoccupanti per gli adolescenti sulla carenza di movimento,  in quanto il 92% dei tredicenninon raggiunge i livelli consigliati. In affanno le donne: ben il 38% contro il 28% degli uomini non è sufficientemente attivo.

Questi gli allarmanti risultati dello studio “L’impatto economico dell’inattività fisica in Europa”, realizzato dalCentre for Economics and Business Research (Cebr) e commissionato da ISCA (International Sport and Culture Association), presentato nell’ambito di una tavola rotonda presso l’Expo Conference Centre, alla presenza di Mogens Kirkeby (Presidente di ISCA), Giovanni Malagò (Presidente del CONI), e Claudia Mazzeschi, Professoressa di Psicologia Dinamica presso l’Università degli Studi di Perugia e Responsabile dell’area Psicologica del progetto Eurobis Coordinato dal professor Pierpaolo De Feo, docente di Endocrinologia presso la Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Perugia.

Con un focus su sei Paesi europei, quali Italia, Spagna, Regno Unito, Francia, Germania e Polonia, lo studio ha avuto l’obiettivo di aprire un dibattito su questi importanti temi e costituire un punto di partenza condiviso per incoraggiare i cittadini europei ad adottare stili di vita più sani e attivi.

Questa analisi è un’ulteriore conferma del fatto che l’inattività costituisca uno dei principali fattori di rischio di un consistente numero di malattie, come affezioni coronariche, diabete di tipo II, cancro colon-rettale e cancro al seno, e sia responsabile del 14,6% dei decessi in Italia, equivalente a 88.200 persone nel 2012.

Inoltre, la ricerca dimostra che l’inattività fisica favorisce lo sviluppo di disturbi dell’umore, l’aumento dello stress e dell’ansia.

Si calcola che ridurre di un quinto il livello di sedentarietà permetterebbe di risparmiare 2,4 miliardi di euro all’anno e ridurre vari disturbi dell’umore.

Accanto al quadro critico presentato dai dati, sono state proposte iniziative efficaci per incoraggiare la persone a muoversi.

La presenza del Presidente Giovanni Malagò ha permesso di ricordare le numerose proposte che il CONI da anni promuove per coinvolgere gli italiani a incrementare i livelli di attività fisica, soprattutto tramite la pratica sportiva.

Tra le alternative non agonistiche, sono stati presentati dalla Dott.ssa Mazzechi due progetti internazionali realizzati per la prima volta in Italia: EUROBIS (Epode Umbria Region Obesity Intervention Study) parte diEPODE International Network (EIN)– la più ampia rete mondiale di prevenzione dell’obesità – e Beat The Street. Realizzati a Perugia il primo e a Terni il secondo, sono basati su metodologie innovative volte a contrastare il fenomeno dell’incremento dell’obesità e promuovere l’educazione a uno stile di vita sano e attivo . Per saperne di più: www.eurobis.it; terni.beatthestreet.me