Medicina

Scopre il suo cancro in rete, i medici non le credono e muore

Scopre il suo cancro in rete, i medici non le credono e muore

La cybercondria è la paura che deriva dalla continua ricerca su internet di sintomi riconducibili ai propri, che porta poi a ingigantirli, male interpretarli, per convincersi di avere malattie che in realtà non si hanno. Si parte da un dolore al dito, ad esempio, si fanno ricerche su Google e in un crescendo di informazioni su siti, forum e quant’altro ci si convince di avere una malattia gravissima. I cybercondriaci sono malati immaginari ipocondriaci che su internet cercano continuamente risposte mediche ai loro sintomi.


Non era il caso di Bronte Doyne, ragazza inglese di Nottingham che ha cercato i suoi sintomi su Google e ha capito di avere un tumore al fegato. Non ne erano convinti i suoi medici che non l’hanno creduta, che l’hanno piuttosto invitata ad abbandonare l’auodiagnosi. Ma il male era reale e l’intervento cui si è sottoposta non è bastato a salvarle la vita: è morta dpo 16 mesi di sofferenze a soli 19 anni. Dopo l’operazione infatti i malesseri di Bronte continuavano e la famiglia ha iniziato a informarsi sul sito della Fondazione del cancro fibrolamellare con sede negli Usa e che ha un forum internazionale.

«Le uniche informazioni che abbiamo avuto le abbiamo trovate attraverso un sito della Fondazione del cancro fibrolamellare, che ha sede negli Stati Uniti, e che ha un forum internazionale – spiega la madre di Bronte, la signora Doyne, da Nottingham – Non si trattava semplicemente di una ricerca qualsiasi su Google, ma di una Fondazione seria legata alla Casa Bianca: eppure quest’aspetto non è stato preso in considerazione dai sanitari, che ci hanno semplicemente sconsigliato di continuare a fare ricerche su Google.



Ci hanno detto che l’operazione avrebbe curato totalmente il tumore ma le informazioni trovate online dicevano altrimenti. Abbiamo chiesto insistentemente se c’erano possibilità secondo loro che il cancro tornasse, e loro ci hanno detto che le nostre preoccupazioni non avrebbero aiutato la ragazza». Dal diario della ragazza emerge anche un trattamento da parte dei medici poco attento: sei settimane prima di morire, Bronte andò di nuovo in ospedale per un peggioramento dei sintomi: ma un medico le disse che non aveva bisogno di essere visitata. «Ho paura – scrive Bronte – Il medico ha scrollato le spalle e mi ha fatto un commento sarcastico: mi ha detto che se voglio posso dormire lì ma loro non potrebbero far niente per me. Così adesso mi tocca aspettare per un altro appuntamento in ospedale». Solo dieci giorni prima di morire, Bronte fu ricoverata presso un’unità oncologica per ragazzi, ma per lei era ormai troppo tardi.

Abbiamo chiesto un parere sulla cybercondria al dottor Massimo Gentili che in esclusiva per Dottor Salute ha spiegato: “Sono sempre esistiti e sempre esisteranno. Prima si documentavano in altro modo e adesso che c’è internet lo fanno attraverso questo mezzo. Non ci trovo nulla di strano.
Molti non sono però malati immaginari. Nel seguire tutte queste mode salutari (come alimentazione e integratori) si può perdere di vista il concetto di insieme e si può andare a cercare la soluzione per un sintomo creandone un altro, così da non uscirne più. La cosa più saggia è quella di lavorare sui meccanismi basilari del nostro metabolismo e per fare un esempio come ho detto sopra, il sonno e la gestione dello stress sono 2 punti di fondamentale importanza troppo spesso sottovalutati. Se la mancanza di sonno o lo stress creano uno o più problemi non è semplice trovare un integratore che risolva tale problema.

Il bravo professionista secondo me non è quello che da l’integratore giusto per risolvere il problema, ma quello che riesce a rimettere il sistema ad una condizione migliore. In qualche caso è impossibile, ma nella maggior parte dei casi è più semplice di quanto si possa immaginare”.