Salute

La musica classica fa bene al cuore, ma non tutta

La musica classica fa bene al cuore, ma non tutta

Alzi la mano chi in un momento di tristezza, difficoltà o solitudine non ha trovato beneficio dall’ascolto della sua musica preferita. La musica fa bene all’anima, ma secondo alcuni studi farebbe bene anche al cuore. In particolar modo, quella classica sarebbe un vero e porprio elisir di salute, e compositori come Verdi, Puccini e Beethoven farebbero addirittura bene al cuore. Lo sostiene un recente studio secondo cui ascoltare gandi classici come Va pensiero o Nessun Dorma potrebbe avere un benefico impatto sulla pressione sanguigna, regolandola e riducendola. Occhio a quale brano però ascoltate, perchè ad esempio le Quattro stagioni di Vivaldi non avrebbero lo stesso effetto. Insomma si può dire che quasi tutta la musica classica fa bene al cuore e migliora la salute. Ma bisogna saperla scegliere con accuratezza.

Il cardiologo Peter Sleight, autore dello studio dell’Università di Oxford presentato al congresso della British Cardiovascular Society di Manchester assieme ad altri cardiologi dell’Università di Oxford, spiega che «la musica si usa già come terapia rilassante, ma questo lavoro ha revisionato gli studi sull’argomento e controllato la loro efficacia. Abbiamo – aggiunge – fornito una migliore comprensione di come le note di brani classici molto famosi e soprattutto determinati ritmi possono avere precisi effetti sul cuore e sui vasi sanguigni. Ma sono necessari ulteriori studi – conclude – che potrebbero ridurre lo scetticismo, ancora imperante, sul ruolo terapeutico della musica».

Ad abbassarsi oltre alla frequenza cardiaca è anche la pressione arteriosa. Una diminuzione sì lieve, ma costante.

L’esperimento è stato condotto dai ricercatori di Oxford mediante il ricorso a sei distinte tipologie di musica classica. Ebbene è emerso chiaramente come le condizioni cardiache dei volontari coinvolti nel test subissero lievi benefici se poste di fronte al lungo ascolto di opere baste su un ritmo lento (circa 10 secondi), mentre l’ascolto di composizioni più veloci e movimentate non produceva invece nessun mutamento evidente.

Insomma alcuni brani sarebbero talmente influenti per il nostro organismo e seguirebbero un andamento ritmico tale da indurre il sistema cardiovascolare a “sintonizzarsi” sulle note delle composizioni. E alla fine il risultato sarebbe l’insorgenza di uno stato complessivo di benessere corporeo legato alla ridotta attività cardiaca.