Scienza

Trapianto di testa: scienziato italiano lancia la sfida


Trapianto di testa: scienziato italiano lancia la sfida. Si torna a parlare di una sfida molto interessante che potrebbe aprire la strada a nuove terapie.

Il primo a parlare di trapianto di testa è stato il dottor Sergio Canavero, un medico di Torino che ha sempre mostrato un particolare interesse verso questo settore.

Proprio recentemente l’esperto è tornato a parlare e a documentare un suo recente studio. A raccogliere i dati di questa ricerca rivoluzionaria, sono state le pagine della rivista scientifica Frontiers in Neurology.

Il neurochirurgo torinese ha dunque pubblicato i risultati del suo studio. E’ emerso come – spiega il ricercatore – è possibile fondere insieme i monconi di midollo osseo tagliato chirurgicamente.

L’argomentazione del dottor Sergio Canavero è molto interessante e ha lasciato tutto il mondo scientifico a bocca aperta. Ovviamente parliamo sia dei ricercatori italiani ma anche di quelli stranieri.

Ora tutto il mondo scientifico infatti vuole maggiori chiarimenti da parte del medico italiano.

Il dottor Sergio Canavero ha spiegato che per la sua ricerca relativa al trapianto di testa, è stato necessario utilizzare un campione di ratti da laboratorio.

Su di loro lo studioso ha potuto sperimentare la sua ricerca.

Tale ricerca è stata effettuata all’università di Dusseldorf.

Trapianto di testa

Il ricercatore ha inoltre dichiarato che questo studio “dimostra come sia possibile fondere assieme i due monconi di midollo spinale tagliato chirurgicamente e come siano infondate le attuali conoscenze neurologiche sulle vie di trasmissione degli impulsi motori”.trapianto di testa



I risultati di tale studio e le dichiarazioni rilasciate dal medico torinese continuano però a dividere il mondo scientifico.

C’è chi crede che il trapianto di testa sia possibile e chi invece no.

“Fantascienza è soltanto l’incompetenza di chi parla senza conoscere la materia”, ribadisce Canavero.

“Io sono soltanto uno strumento – è la sua posizione – spetta alla società stabilire se utilizzarlo o meno. Credo, però, che i tanti Welby che ci sono in Italia, e non solo, potrebbero avere prospettive ben diverse da quelle di chi cerca l’eutanasia a tutti i costi”.

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