Medicina

Patch Adams ospite al Gemelli di Roma: tra risate e un passato difficile


Ridere fa bene, ancor di più se solleva un po’ il morale a chi ha le sue giornate contraddistinte da paura, dolore e sofferenze. Patch Adams ha fatto visita ai degenti del Gemelli, per la felicità di tutti coloro i quali avevano finora solo sentito parlare del famoso clown del dolore o avevano visto suoi emuli.

Patch Adams, protagonista anche di un film hollywoodiano, è stato nei giorni scorsi ospite al Gemelli di Roma e ha tenuto un discorso sugli argomenti che conosce meglio, vale a dire risate e terapia. E il successo è stato strepitoso.


Il dottor Hunter Doherty, questo il vero nome dell ammirevole inventore della clownterapia, è stato ospite al Policlinico Gemelli della Capitale dove ha avuto modo di esprimere il suo punto di vista su umorismo e terapia. E’ stato invitato dall’associazione Ali di scorta presieduta da Silvia Riccardi.

Completo di uniforme da clown, il medico americano ha spiegato la sua filosofia: “Non ho mai detto che l’umorismo sia la miglior medicina, lo dicono gli altri parlando di me. Credo che la miglior medicina sia l’amicizia e che risate e umorismo siano ottimi strumenti per lubrificarla”.

Patch Adams ha dedicato la sua vita a una vera e propria missione e ha detto di “sentirsi un privilegiato per il fatto di andare verso la sofferenza portando amore”, e di aver “accompagnato alla morte circa 10mila persone” e che nonostante la sua esperienza non crede “che entrare in contatto con il dolore renda più forti”.

Chi dovesse pensare che dietro la maschera del clown ci sia una persona che da sempre è allegra si sbaglia: Patch Adams ha un trascorso di ricoveri in ospedali psichiatrici e di tentati suicidi.Patch Adams al Gemelli di Roma: tra risate e ricordi difficili

Poi la svolta con la creazione di una casa-ospedale gratuita negli Stati Uniti, tra il 1971 e il 1983. “Siamo stati per 12 anni l’ospedale più pazzerello della storia, non c’era affatto privacy e a coloro che soffrivano di patologie psichiatriche non venivano somministrati psicofarmaci. Cercavamo semplicemente di rendere tutto divertente e di dare amore: il mio abbraccio più lungo è durato 12 ore”. Un vero esempio e un modello da seguire per medici e non solo.