Salute

Arriva il virus che può sterminare metà dell’umanità

Diritto della scienza di progredire o rischio per l’umanità? La notizia che il virus dell’aviaria, in seguito a cinque modificazioni genetiche, è diventato un agente patogeno in grado di sviluppare una pandemia che potrebbe sterminare metà della popolazione mondiale sta scatenando aspre polemiche nel mondo scientifico e non solo.

Il risultato dell’esperimento è merito (o colpa, secondo alcuni) dei ricercatori dell’Erasmus Medical Centre di Rotterdam (Paesi Bassi). Hanno lavorato sul noto virus dell’influenza aviariaH5N1, manipolandolo in modo da renderlo in grado di attaccare la popolazione mondiale in breve tempo.

Un esperimento in laboratorio che serve a preparare la comunità scientifica all’eventualità di una pandemia, dunque lo sopo è certamente buono. Ma inevitabilmente si pensa a cosa potrebbe accadere se le nozioni in questione finissero nelle mani sbagliate.

In confronto le minacce del terrorismo batteriologico sembrano una inezia. Lo studio è stato realizzato da una equipe con a capo il virologo Ron Fouchier. Hanno realizzato cinque modificazioni genetiche capaci di rendere il virus dell’influenza aviaria un agente patogeno incontrollabile capace di sterminare la metà della popolazione sulla faccia della terra.

Thomas Inglesby, scienziato esperto di bioterrorismo e direttore del Centro per la Biosicurezza dell’Università di Pittsburgh, teme le conseguenze che uno studio del genere potrebbe avere se fosse pubblicato: «È solo una cattiva idea quella di trasformare un virus letale in un virus letale e altamente contagioso. È’ un’altra cattiva idea quella di pubblicare i risultati delle ricerche che altri potrebbero copiare».

Lo sostiene anche Richard Ebright, biologo molecolare della Rutgers University in New Jersey: «Questo lavoro non andava fatto».


Esperti italiani difendono invece il diritto della scienza di progredire e manifestano la loro stima e solidarietà nei confronti di questo studio. E’ il caso di Fabrizio Pregliasco, virologo all’Università di Milano: «Non pubblicare lascerebbe i ricercatori al buio su come rispondere a un focolaio. Lo scambio di conoscenze è fondamentale per prevedere la reale gravità di una pandemia. L’aviaria era sì una “bestia” nuova, ma non apocalittica. Con un maggiore scambio di conoscenze la diffusione di informazioni sarebbe stata più precisa e meno allarmistica».

Il confine tra scopo benefico della scienza e conseguenze dannose, anche se involontarie, è sempre molto sottile. Etica e progresso si fondono e spesso il risultato è un rischio impossibile da scongiurare completamente.