L’interrogatorio della soldatessa Ludovica, in programma nei prossimi giorni, difficilmente aiuterà gli inquirenti a trovare la prova che dimostri la colpevolezza di Salvatore Parolisi, ma di certo potrebbe aggiungere elementi importanti alla ricostruzione della giornata in cui fu uccisa Melania Rea, e soprattutto ad arricchire il quadro generale relativo al profilo del caporal maggiore in carcere con l’accusa di omicidio pluriaggravato.

In questo senso sorprende il fatto che in tutti questi mesi di indagini la soldatessa Ludovica, amante del militare accusato dell’omicidio della moglie, non sia ancora stata ascoltata. In realtà è stata ascoltata indirettamente, attraverso i messaggi che si scambiava su Facebook con Salvatore Parolisi, con oggetto il loro rapporto e la fine del matrimonio dell’unico indagato per l’omicidio della 29enne di Somma Vesuviana.

La soldatessa Ludovica ha un alibi di ferro, e dunque mai è stata presa nemmeno in considerazione l’ipotesi che possa essere stata in qualche modo complice dell’omicidio. Anche perchè il tenore delle sue frasi a Parolisi, nei giorni precedenti la tragedia, erano sì di una donna decisa a spingere l’amante a troncare il matrimonio, ma assolutamente lontana da qualunque pensiero criminale.

Involontariamente, però, Ludovica potrebbe aver spinto Parolisi, incapace di comunicare alla moglie di aver deciso che il loro matrimonio era finito, a una soluzione tanto tragica quanto ai suoi occhi più semplice di un lungo tira e molla e di un divorzio.

Che avrebbe potuto essere anche molto costoso, e che soprattutto poteva costargli l’affetto della loro figlia, sicuramente rimasta in affido a Melania. Tutte congetture che gli stessi inquirenti cercano ancora di far quadrare. Perchè se è vero che c’è un indagato, in carcere con l’accusa di omicidio pluriaggravato, e una serie di indizi a suo carico, è altrettanto vero che non c’è il movente, non c’è l’arma del delitto, non ci sono testimoni, non ci sono prove inequivocabili.