Salute

Cassazione: “No ad accanimento terapeutico”

09/04/2011  ore 17.44

La Cassazione è recentemente intervenuta in merito all’accanimento terapeutico. Ci si domanda se è giusto operare una persona anche se non avrà alcuna possibilità in più. Secondo la Cassazione non ha senso agire in questo modo e il medico o chirurgo che si ostina a farlo, contravviene al codice deontologico e mette in atto «forme di inutile accanimento diagnostico-terapeutico». Per questo si può essere condannati e finire anche in galera.

Questo è in sintesi quanto riportato dalla sentenza numero 13476, che è stata emessa a carico di tre medici dell’ospedale San Giovanni di Roma. Questi erano accusati di aver nel 2001 operato una donna malata terminale di carnco, 44enne e madre di due bambine.

La donna aveva insistito nell’essere operata così i medici hanno deciso di tentare l’intervento chirurgico, l’ultima speranza ma vana. La signora è morta per «lesioni non tempestivamente identificate» e connesse con l’operazione medesima. La Corte d’AppeCassazione: "No a interventi per chi non ha speranza"llo di Roma, due anni fa condannò i tre medici per omicidio colposo, infliggendo rispettivamente 10, 12 e 8 mesi di reclusione.

«Il prioritario profilo di colpa in cui versavano gli imputati – scrivono i giudici – è stato evidenziato dalla stessa Corte (d’appello – ndr) nella violazione delle regole di prudenza, applicabili nella fattispecie, nonché delle disposizioni dettate dalla scienza e dalla coscienza dell’operatore». I chirurghi, pertanto, «avevano agito in dispregio al codice deontologico che fa divieto di trattamenti informati a forme di inutile accanimento diagnostico-terapeutico».