Torna la difterite in Spagna: dopo 30 anni bimbo positivo al test
Nel marzo 2015, un articolo pubblicato sul Notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità sottolineava che la difterite, sebbene “debellata nella maggior parte dei Paesi industrializzati”, è “una malattia da sorvegliare” in quanto è ancora “endemica in diverse aree geografiche, emergendo talvolta come caso sporadico o piccola epidemia”.
A distanza di pochi mesi, le preoccupazioni dell’Istituto Superiore della Sanità sono state avvalorate dalla recentissima notizia di un nuovo caso di difterite in Spagna, Paese in cui l’ultima segnalazione risaliva al 1986: si tratta di un bambino di 6 anni non vaccinato residente ad Olot, nella provincia di Girona, risultato infatti positivo per una difterite tossicogenica all’analisi molecolare PCR e al test di Elek. Al momento della diagnosi, la Spagna ha inviato all’Organizzazione Mondiale di Sanità e agli Stati membri dell’Unione Europea una richiesta urgente di antitossina difteritica (DAT). Alcuni di questi Stati hanno dichiarato che i lotti di antitossina in loro possesso erano scaduti e il piccolo paziente è stato trattato con un siero proveniente da un Paese non UE.
Il bambino, trasferito in un ospedale specializzato a Barcellona, rimane in gravi condizioni.
La Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) sottolinea che, questo recente fatto di cronaca, ha fatto emergere non solo i rischi del rifiuto della vaccinazione di un bambino da parte dei genitori, ma anche altri rischi che paradossalmente derivano dalla riduzione dei casi di difterite, indotta dall’elevata copertura vaccinale, quali:
- Alcuni bambini non sono vaccinati
- La rarità dei casi può ritardare la diagnosi clinica della malattia
- Le limitazioni nelle capacità diagnostiche possono ritardare la conferma di laboratorio
- La mancanza di DAT immediatamente disponibile può ritardare l’inizio della terapia
“Tutti questi fattori – sottolinea il Professor Luciano Pinto, vice Presidente SIPPS Campania – rischiano di compromettere il precoce riconoscimento e la gestione dei casi di difterite, in cui il fattore tempo gioca un ruolo decisivo: sebbene la maggior parte dei decessi si siano verificati in paesi dove la malattia è endemica, i tassi di letalità sono stati più alti in quelli in cui non è endemica e dove la scarsa familiarità con la malattia può portare a ritardi nella diagnosi e nel trattamento.”
Un elemento fondamentale che sicuramente ha inciso sulla gravità del caso del bambino in Spagna è ilritardo nella somministrazione della terapia: nonostante l’antitossina difterica rientra nella lista dei Farmaci Essenziali dell’OMS – che dovrebbero essere disponibili in ogni momento, in quantità adeguate e in formulazioni appropriate di qualità garantita – al momento della diagnosi la Spagna ne era sprovvista e nazioni come Francia e Germania potevano offrire solo un farmaco scaduto.
“Al pari degli altri Paesi dell’Unione Europea, anche l’Italia – prosegue il Professor Pinto – non possiede scorte di antitossina difterica. Per evitare situazioni come quella che si è verificata in Catalogna, è indispensabile che le nostre Autorità, insieme a quelle europee, battano ogni strada perassicurare al nostro paese le scorte necessarie per ogni evenienza. La mancanza di DAT desta infatti una grande preoccupazione in Europa, in quanto il farmaco è necessario per curare i nuovi casi di difterite, che, anche se pochi, continuano a verificarsi ogni anno.”
Il Dott. Giuseppe Di Mauro, Presidente della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) segnala che “per ridurre il rischio che una diagnosi di difterite venga posta in ritardo, occorre dare vita a programmi di formazione continua per i medici ed i pediatri sulle malattie prevenibili mediante le vaccinazioni, sulla loro clinica ed epidemiologia. E’ sempre più elevato infatti il numero di medici che non hanno esperienza di queste malattie.”
“Questi corsi – prosegue il Professor Gianni Bona, vice Presidente SIPPS – dovrebbero essere estesi alle vaccinazioni ed alle reazioni avverse ed agli effetti collaterali dei vaccini, ed in particolare al counselling vaccinale, per mettere i medici in condizione stabilire una relazione empatica con i genitori, utilizzando processi di comunicazione che consentano di costruire un rapporto di fiducia, ascoltandoli con attenzione per capire che cosa sanno o pensano di sapere sulle vaccinazioni, per comprendere i loro dubbi e le loro paure, ed aiutarli a superare le loro preoccupazioni e, quindi, a far vaccinare i loro figli.”
In conclusione, per gli esperti della SIPPS, il caso della difterite in Spagna ribadisce che, nell’attesa del reperimento di fonti sicure di approvvigionamento e dello sviluppo di farmaci alternativi, è quanto mai indispensabile incrementare la copertura vaccinale, rafforzando la convinzione dei genitori che normalmente vaccinano i propri figli e convincendo coloro che hanno dubbi sulle vaccinazioni o sono contrari.