Salute

Reflusso gastroesofageo: quando la chirurgia diventa l’unica soluzione

Colpisce milioni di italiani: nei casi più gravi, l’intervento chirurgico è l’unico rimedio efficace contro il reflusso non controllabile.

Quando i farmaci non bastano

Il reflusso gastroesofageo è un disturbo sempre più diffuso, che riguarda circa 11,5 milioni di persone in Italia. Spesso inizialmente gestito con farmaci e modifiche nello stile di vita, può degenerare in condizioni più serie come esofagite, ulcera o esofago di Barrett, quest’ultimo con potenziale evoluzione in tumore esofageo.

La terapia farmacologica più comune include inibitori della pompa protonica, antiacidi e antagonisti dei recettori H2, ma in presenza di sintomi ricorrenti o refrattari diventa necessario considerare altre opzioni. La chirurgia rappresenta una possibilità nei casi in cui il paziente è costretto ad assumere farmaci in modo continuativo o quando il trattamento non risulta efficace.

La valutazione per un intervento avviene solo dopo un percorso diagnostico completo, che comprende esami come gastroscopia, pH-metria delle 24 ore e manometria esofagea, per determinare le cause esatte del disturbo.

Le opzioni chirurgiche disponibili

Tra le tecniche chirurgiche adottate per il trattamento del reflusso, la Fundoplicatio secondo Nissen-Rossetti è tra le più consolidate. In questa procedura, il fondo dello stomaco viene avvolto attorno all’esofago, creando una sorta di barriera meccanica al reflusso.

Un’alternativa più recente è lo sfintere esofageo magnetico, un anello di perline in titanio posizionato intorno alla parte inferiore dell’esofago. Il dispositivo consente il passaggio del cibo ma impedisce la risalita dei succhi gastrici.

Infine, la tecnica Reflux Stop rappresenta la soluzione più innovativa: prevede l’inserimento di un dispositivo in silicone grande quanto una monetina, che aiuta a ripristinare la funzione dello sfintere senza applicare pressione diretta.

Quando l’intervento è consigliato

La decisione di procedere con l’intervento chirurgico viene presa solo dopo un’attenta valutazione clinica, tenendo conto della frequenza e intensità dei sintomi, della risposta ai farmaci, e della qualità della vita del paziente.

In conclusione, il ricorso alla chirurgia non è mai una scelta immediata, ma rappresenta un’opportunità concreta nei casi in cui le terapie conservative non garantiscono risultati stabili e duraturi.

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