I chili in più. Effetto collaterale della solitudine?
Secondo una recente ricerca degli psicologi della Ohio State University, pubblicata sulla rivista Hormones and Behaviour, i chili in eccesso potrebbero essere una causa diretta della solitudine. Abbiamo chiesto un parere al dott. Francesco Tripolini, psicologo, psicoterapeuta in formazione ad orientamento gestaltico – analitico transazionale: “Quello che mi colpisce della ricerca è il titolo stesso “I chili in più? Effetto collaterale della solitudine” e questo perché avrei posto l’interrogativo alla fine del titolo, sulla parola solitudine. Un titolo di questo tipo esprime un rapporto preciso di causa-effetto dove la causa dei chili di troppo è la solitudine.
Che esista una relazione tra condotta alimentare e rapporti interpersonali è largamente specificato da molte teorie psicologiche. Le prime relazioni significative per il cucciolo d’uomo avvengono mediante l’alimentazione. È proprio attraverso il nutrimento che madre e bambino parlano un linguaggio emotivo specifico di quella diade caratterizzato da intesi scambi affettivi tali da veicolare importanti messaggi anche esistenziali. In tal senso, il cibo e le condotte alimentari possono, dunque, continuare a conservare tali messaggi relazionali infantili anche nella vita adulta. Non è un caso che alcuni approcci psicoterapici intervengano sulle dinamiche familiari nel trattamento di disturbi della condotta alimentare.
Detto questo, si può supporre che l’aumento di peso legato ad un maggiore senso di fame possa essere , in particolari situazioni, la risultante di uno stato di solitudine laddove l’intimità col cibo rappresenta un surrogato di una intimità relazionale sana poco presente o quasi assente. Vista così, il titolo non fa una piega.
Personalmente mi viene da porre un quesito che rovescia un po’ il senso delle cose. E se, in altre situazioni, fosse la solitudine un effetto collaterale dei chili di troppo?
Per spiegare meglio questo mi viene in soccorso l’analisi del copione di Eric Berne, fondatore dell’Analisi Transazionale, che illustra come molti degli schemi di vita attuali di un soggetto, abbiano origine nell’infanzia.
Nel quadro del copione, l’analisi transazionale elabora spiegazioni di come l’adulto riproponga continuamente le strategie che ha appreso nell’infanzia, anche quando esse generano risultati dolorosi o autolesionisti. Si tratta di messaggi molto forti che il soggetto-attore agisce in modo inconsapevole.
Un bambino che nelle primissime relazioni significative ha imparato a sentirsi e percepirsi come “non ok”, da adulto metterà in atto, spesso in modo inconsapevole, strategie finalizzate a confermare tale idea in modo da convalidare il proprio messaggio interiore di non piacersi e di non piacere all’altro. L’isolamento, la solitudine potrebbero essere, dunque, alcuni degli esiti dolorosi e autolesionisti di tale sforzo.
In quest’ottica l’aumento di peso, il percepirsi e il rendersi fisicamente poco appetibili all’altro al punto da far sì che l’Altro vada via, potrebbero risultare un modo per agire il proprio copione, confermandolo. In tal senso, la solitudine sarebbe un effetto piuttosto che la causa dei chili di troppo”.