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Wikipedia chiude: caos con il ddl intercettazioni

Il ddl intercettazioni è più che mai oggetto di polemiche. Prima la protesta di Wikipedia che decide di chiudere l’enciclopedia online più grande al mondo contro la parte della legge che obbliga alla pubblicazione di rettifiche senza commento. Poi l’abbandono di Giulia Bongiorno da relatrice.

 

Il presidente della commissione Giustizia della Camera, infatti, si è dimessa da relatrice del ddl intercettazioni per protestare contro la decisione del governo di dare parere favorevole all’emendamento Pdl per rendere impubblicabili le intercettazioni fino al momento dell’udienza filtro. La Bongiorno ha spiegato che “è una legge che preclude la possibilità di dare notizie dilatando a dismisura i tempi di pubblicazione. Ci sono voluti due anni per arrivare a un accordo condiviso e adesso, allo schioccare di dita del premier, quell’accordo è saltato. La legge così è inaccettabile».

 

Wikipedia invece protesta insieme al web per una norma che viene definita ‘ammazza blog’ e che recita p. 24, alla lettera a) del comma 29: ‘Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono’.

 

Wikipedia teme che con questa legge subisca un grave danno il mondo dell’informazione online, libera e indipendente da qualunque condizionamento, e ne spiega i motivi: “In base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto -indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive- di chiedere l’introduzione di una ‘rettifica’, volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti”.

Wikipedia chiudechiude: caos con il ddl intercettazioni

Dopo la protesta di Vasco Rossi per la sua pagina su Nonciclopedia (con una querela poi saggiamente ritirata da parte del rocker e il ripristino del sito satirico) arriva quest’altra forma di protesta che dimostra come ci sia malumore per leggi e società ancora non abbastanza pronte alla popolarità di un mezzo come internet che spesso dà fastidio e che si cerca di imbavagliare.